Alessandro Geraldini nasce in Amelia (prov. Terni), in Umbria, intorno al 1455 ….
in alto: Ritratto di Alessandro Geraldini – Santo Domingo, Museo Alcázar de Colón
in basso: Presunto Ritratto di Alessandro Geraldini – Amelia, Museo Archeologico “Edilberto Rosa” – nel 1992, in occasione del restauro del dipinto, si scopre sul retro della tela una scritta che attribuisce l’opera al pittore bolognese Tommaso Campana, che ritrae, nel 1628, il conte Paolo Torello, arcivescovo di Rossano Calabro, nipote di papa Paolo V. Sul foglietto che l’uomo ritratto tiene in mano, c’era la scritta Paolo Torello, arcivescovo di Rossano: in seguito cancellata da una mano di bianco, è stata poi sostituita dalla scritta Alexander Geraldinus epus S. Dom Indiarum occidentalium.
La famiglia Geraldini gode di elevato spessore sociale e politico, a livello nazionale e internazionale, tale da fornire diplomatici, funzionari e intellettuali agli Stati d’Italia e d’Europa per almeno due secoli tra Quattrocento (soprattutto) e Cinquecento.
La madre è Graziosa Geraldini, che sposa in prime nozze Andrea del Sognale, matrimonio da cui nascono Cipriano (morto molto giovane) e Antonio Geraldini. Rimasta vedova ancora giovane, Graziosa sposa in seconde nozze Pace Bossetano, da cui nascono il nostro Alessandro, Costantino, Tullia e Sidonia.
Alessandro compie i suoi studi sotto il rinomato maestro Grifone, il docente che probabilmente introdusse in Amelia la “nuova” scuola umanistica, conseguendo una institutio di alto livello.
A partire dai primi anni Settanta del sec. XV segue in Aragona lo zio materno Angelo Geraldini e il fratello Antonio, diplomatici di alto rango presso la corte di re Giovanni II. Insieme a loro entra nella diplomazia aragonese per poi portare avanti una serie di missioni diplomatiche delicatissime, in Italia, in Francia, in Inghilterra.
Morto improvvisamente Antonio nel 1488, Alessandro opera da precettore e cappellano per le figlie di Ferdinando e Isabella, tra cui Caterina d’Aragona, e Margherita, figlia dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, che ha sposato un principe spagnolo. E, appunto in questa veste, accompagna nel 1501 in Inghilterra Caterina, che va in sposa al principe del Galles ed erede al trono inglese Arturo Tudor. E’ Alessandro stesso a stendere di suo pugno i pacta matrimonialia tra la principessa spagnola e il principe inglese. Purtroppo, poco dopo, durante la luna di miele in Galles, Arturo muore, aprendo così una grave crisi, per la questione della dote di Caterina. Le diplomazie dei due Paesi spingono per un matrimonio di Caterina col fratello minore di Arturo, Enrico (il futuro Enrico VIII). E sarà ancora Alessandro a coordinare la burocrazia del matrimonio, nel 1509.
Alessandro torna in Spagna, e intanto nel 1504 muore la regina Isabella. Nel 1507 re Ferdinando lo nomina vescovo di Volturara (attualmente in provincia di Foggia: Volturara Appula), nel viceregno spagnolo di Napoli.
Geraldini continua le sue missioni diplomatiche, anche su invito di cardinali e pontefici, e predica la Crociata in nord Europa tra il 1515 ed il 1518. Nel 1512 fa un viaggio con re Ferdinando nel viceregno napoletano.
Alessandro è attanagliato da problemi economici, tra cui notevoli debiti. Questo perché Caterina d’Aragona non ha voluto mai riconoscergli gli stipendi che l’Amerigo si era guadagnato in anni e anni di servizio quale precettore e cappellano personale. Si rivolge allora ai molti amici e conoscenti, tra cui papa Leone X, che ha conosciuto a Firenze da ragazzo. E dietro intervento della sua vecchia allieva Margherita d’Asburgo, nel 1516 viene nominato vescovo di Santo Domingo, nel “Nuovo Mondo” spagnolo (è da poco morto, infatti, il primo vescovo della sede ultramarina, fra’ Garçia de Padilla, il quale non aveva mai raggiunto la sua sede. Si tratta, nel bene e nel male, della vera svolta della sua vita.
Raggiunge la sua sede solo alla fine del 1519. A Santo Domingo si trova ad affrontare sfide tremende (con lui sono il nipote Onofrio e il suo fedelissimo criado Diego del Rio): da un lato la povertà estrema della diocesi, che non ha nemmeno una cattedrale se non una capanna di fango e paglia; dall’altro lo scontro titanico con le autorità spagnole locali, in difesa degli Indios, sottoposti a tutte le angherie possibili da parte delle autorità e degli encomenderos che ad esse si rivolgevano. Non è eccessivo definire i suoi anni di episcopato drammatici: ne sono documento la sua corrispondenza (Epistolae et Orationes) e l’opera odeporica, l’Itinerarium ad regiones sun equinoctiales plagas constitutas.
Alessandro Geraldini resta in Santo Domingo senza più rivedere l’amata patria l’8 marzo 1524: è sepolto nella cattedrale dominicana da lui stesso fondata.
Geraldini si trova, in quanto vescovo, coinvolto in pieno in quello che può essere definito l’olocausto degli Indios, falcidiati e decimati sia dai lavori di schiavitù ai quali venivano costretti dagli Spagnoli che dalle malattie infettive dagli stessi introdotte in America.
Le testimonianze di un Bartolomeo di Las Casas o di un Antonio di Montesinos descrivono lo sfondo tetro all’interno del quale la Chiesa era costretta a muoversi in un mondo ancora «ignoto» e «selvaggio» come Geraldini stesso lo definiva, ed egli, da Vescovo, non ebbe alcuna paura ad affrontare la prepotenza e la violenza della rapace dirigenza spagnola d’oltremare, tutta intenta ad arricchirsi alla grande ed in breve tempo.
Alessandro Geraldini non è stato tecnicamente il primo vescovo a mettere piede nelle Americhe (era già arrivato ad es. Alonso Manso a Portorico): è il primo prelato a mettere piede a Santo Domingo, ed è il “primo” che, coi fatti e con le parole, ha sviluppato un compito epocale, quale quello di fondare una nuova Chiesa in un “nuovo mondo”.
L’ Itinerarium e le Epistolae lasciano la testimonianza viva e drammatica dei rapporti di potere tra Spagnoli e Indios, tra europei e autoctoni negli anni successivi alla «scoperta» del 1492, testimonianza tanto più importante in quanto rilasciata da un prelato secolare (e non dunque un frate, come Bartolomeo di Las Casas o Antonio di Montesinos), quindi tenuto per ruolo a mantenere un contatto stretto con la dirigenza politica locale, contro la quale non esitò a schierarsi per denunziarne l’inumana rapacità che correva velocemente verso una sorta di genocidio più o meno pianificato.
Alessandro Geraldini è quindi al centro operativamente di quella che per molti anni fu la diocesi di gran lunga più importante d’America: ottiene un impatto non trascurabile non solo sui problemi economici e giuridici del posto, ma anche quelli filosofici e culturali nel senso più ampio e più forte del termine (avendo avuto la necessità di affrontare questioni storicamente nuove, quali ad esempio gli interrogativi sul fatto che gli Indios avessero o meno un’anima e dei diritti).
Sepolcro di Alessandro Geraldini, Cattedrale di Santo Domingo HIC IACET REVERENDISSIMVS ALEX<ANDER> GERALDINVS PATRICIVS ROM<ANVS> EP<I>S<COPVS> S<ANCTI> D<OMINICI> […] OBIIT ANNO D<OMI>NI MDXXIIII DIE VIII MENSIS MARCII
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